Psicologia e Personalità

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La Personalità è il complesso delle qualità proprie di un uomo, che ne fanno un individuo unico distinto da tutti gli altri; l a Personalità è l’individualità di ogni coscienza.

Premessa.


La Psicologia
della Personalità si interessa all'individuo concepito come un insieme distintivo e indivisibile di cognizioni, motivi, atteggiamenti, emozioni, credenze e valori. In breve, la Personalità è l'insieme di caratteristiche psichiche e modalità di comportamento che nella loro l’integrazione formano il nucleo irriducibile di un individuo.  Questa unità psicofisica contiene i modelli di comportamento-risposta caratteristici e, in certa misura, prevedibili che ogni individuo sviluppa sia consciamente che inconsciamente come suo stile di vita.
E' un concetto, questo, che "acquista rilievo nella storia della Psicologia a partire dagli anni '30 quando cadono in disuso i concetti di temperamento e di carattere" (U. Galimberti, Dizionario di Psicologia -vol.3 - 2006 www.psibo.unibo.it/dizionar.htm). Tuttavia tali termini sono ancora usati soprattutto in psicopatologia, tanto che spesso "personalità" e "carattere" sono sinonimo l'una dell'altro.
Ogni persona umana ha fin dalla nascita un fondamento biologico: il patrimonio organico innato che ciascuno riceve attraverso la trasmissione ereditaria (costituzione ereditaria), da cui derivano le forme e le proporzioni del corpo (costituzione morfologica), le modalità di funzioni vitali (circolatoria, respiratoria, digestiva, ecc.) dipendenti dal sistema nervoso e endocrino (costituzione fisiologica). Il complesso di questi elementi determina una iniziale struttura psichica o temperamento.  Perché "iniziale"? Perché al condizionamento dei fattori ereditari si deve aggiungere quello dovuto ai fattori ambientali, che interessa tutta la vita del soggetto. La personalità è frutto di questi condizionamenti e della reazione a detti condizionamenti.
Con la parola temperamento s'intende la risposta psichica naturale al corredo organico ereditario: esprime impulsi, tendenze istintive, disposizioni, necessità, stati affettivi.
Il carattere invece è frutto dell'iniziativa del soggetto sotto l'influsso dell'ambiente. Nel bambino il carattere non si distingue ancora dal temperamento, la decisione non si distingue dall'impulso, i processi di inibizione sono poco sviluppati, gli schemi mentali troppo semplici, ecc.
La personalità non solo unifica gli aspetti biologici del temperamento e quelli psichici del carattere, influenzati dall'ambiente, ma crea anche valori, modelli di comportamento, forme d’organizzazione sociale in grado di modificare l'ambiente e la stessa personalità.
La Personalità, quando bene integrata, comporta un “sano” equilibrio tra le pulsioni e i bisogni interni e i controlli che limitano e/o regolano la loro espressione. Questi controlli sono sia interni (coscienza morale) che esterni (richieste della realtà); la Personalità funziona per mantenere un rapporto reciproco stabile tra la persona e il suo ambiente.
L'attività psichica ha fondamenti biologici. Tutte le attività psichiche dell'uomo, infatti, poggiano su un fondamento biologico che studia l'uomo dal punto di vista anatomico (struttura dei vari organi e apparati) e fisiologico (modalità di funzionamento degli organi). La Psicologia della Personalità riguarda il corpus teorico, i metodi e gli indirizzi di ricerca che riflettono i presupposti teorici su cui  le rispettive indagini si basano, mentre quando si parla di valutazione della personalità, ci si deve riferire ai Test psicodiagnostici. 
Diverse scuole di Psicologia tradizionale, alcuni rami, hanno sostenuto per diverso tempo,  la concezione che il cucciolo d'uomo nasce come (paragone poco accettabile) una pagina bianca sulla quale in seguito verranno scritte svariate cose, i primi eventi, situazioni, esperienze. Stiamo parlando della cosiddetta teoria della tabula rasa; secondo questa teoria il modo in cui l'ambiente famigliare (madre, padre, nonni, ecc) tratta il bambino, dà luogo alla formazione di determinati modelli che successivamente condizioneranno l'immagine che da adulti si avrà di se stessi.
Proviamo a spiegare meglio questo concetto.
In merito a certe esperienze infantili, ci formiamo alcune idee e costruiamo alcuni atteggiamenti riguardanti noi stessi e il nostro approccio alla vita in generale.
Entriamo dentro con qualche esempio. Noi non ci scegliamo i genitori, è possibile quindi avere una madre "pasticciona", poco esperta, poco attenta a prendersi cura di noi (non intendo ora esaminare se siamo in presenza di possibile patologia), in base a questa esperienza formiamo un'idea (che diventerà, in seguito, un modello di condotta comportamentale) che suona più o meno così "se mia madre, della quale ho più bisogno, mi delude, anche le altre persone di cui ho bisogno mi deluderanno", oppure "se questo ambiente non si cura di me, il mondo è un luogo poco sicuro in cui vivere". 
Il bambino non formula queste idee, è ovvio, ma per rendere meglio i sentimenti e i vissuti di ciò che accade dentro di lui, le propongo così.
Proseguendo sulla stessa direzione esemplificativa, facciamo anche un riferimento al padre. Un padre che si allontana da casa abbandonando il bambino, la mamma, la sorellina, ecc., è un evento che può far nascere una convinzione che il piccolo interiorizza e se ne fa carico più o meno in questo modo "sono stato tanto cattivo d'aver spinto mio padre a scappare", se è una bambina potrebbe da adulta pensare che "gli uomini sono tutti inaffidabili".
In breve, le prime esperienze lasciano un segno profondo, e ciò che accade all'inizio della vita è una intensa impressione che si radica nell'inconscio, talvolta sono esperienze che  non si ricordano più, ciò nonostante qualcosa è accaduto. Noi ci portiamo dietro quelle convinzioni e in base ad esse continuiamo a percepire, organizzare la nostra vita. In poche parole, il modo con cui valutiamo e vediamo il presente è condizionato da quanto accaduto nel passato. Questo fenomeno è chiamato da tali scuole di pensiero, "determinismo psichico" .
Altre scuole di psicologia vedono la questione in maniera leggermente diversa.
Il bambino, alla nascita, non è un "foglio bianco" e le esperienze del passato non necessariamente portano a formare modelli condizionanti, esse credono che ciascuno di noi nasce con una predisposizione a sviluppare determinati atteggiamenti e/o comportamenti.
Non è soltanto il condizionamento infantile a essere di primaria importanza.
Queste scuole parlano di strutture interiori innate, date a priori definite da C.G. Jung Archetipi. http://guidapsicologiadsteck.blogspot.com/p/miti-immagini-archetipi.html
Un Archetipo può essere definito (per meglio comprendere) come la rappresentazione mentale di un istinto.
La comparsa degli esseri umani sulla terra risale a molti eoni fa, e i processi evolutivi hanno fondato e strutturato nella nostra psiche determinati modelli e rappresentazioni che sono stati trasmessi di generazione in generazione, abbiamo una sorta di "saggezza cellulare" che è entrata a far parte del nostro DNA.
H. Sasportas (1987) a proposito di detta saggezza, diceva che una delle rappresentazioni innate, precedenti addirittura alla rappresentazione di una madre, fosse a un "livello più elementare, un capezzolo iscritto nella nostra memoria cellulare."
La madre, il padre, la vita, la morte, sono immagini che riposano latenti in noi.
Si nasce già con immagini di Archetipi. Le immagini innate e gli Archetipi organizzano e strutturano ciò di cui facciamo esperienza.
S. Freud stesso parlò di immagine filogenetica come un'ipotesi della psicoanalisi, sulla trasmissione transgenerazionale. Nella storia della psicoanalisi tale ipotesi non era poi così assurda, infatti se ne trovano tracce in Totem e Tabù in cui si accenna ad una trasmissione di moduli psichici da una generazione all'altra. Solo che per esigenze freudiane, si è voluto dare un taglio diverso. Ma ne riparleremo in seguito.
Un ultimo accenno di natura storica. 
In ambito psicologico ogni nucleo teorico concettualizza la personalità entro modelli diversi, adoperando metodi, obiettivi e modalità d'analisi anche molto dissonanti tra loro.
Il più antico precursore dello studio della personalità fu Ippocrate, (medico antica Grecia – 460-377 a.C.) che negli studi condotti sull'uomo, definì quattro tipologie di personalità in relazione all'umore di base presente nel  corpo:

melanconico, collerico, flemmatico, sanguigno

Si fa risalire il termine “personalità”  dal latino "personalitāte(m)" che a sua volta lo ha derivato dal greco "πρόσωπον" e dall'etrusco "phersu". Cicerone definì la personalità come l'aspetto e la dignità di un essere umano, oppure, in un'altra definizione, quella parte che si recita nella vita, e non a caso "persona" rappresentava la maschera indossata dagli attori.
E sarà con lo stesso significato che C.G.Jung parlerà della Maschera.

Dott. Donatella Steck

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9 maggio 2011
Alcuni passaggi nello Sviluppo della personalità.

Durante i primi anni di vita il bambino s’identifica con i suoi simili ( fase del Sé Presimbolico). Comincia a comprendere l'alterità rispetto alla madre quando non riceve immediatamente il seno alla sua richiesta. La coscienza di sé cresce con il crescere dei confronti con l'alterità, oltre a rappresentare il proprio corpo include anche le potenzialità d'azione rispetto al mondo. Il Sé spirituale prescinde dal corpo, è formato da tutto ciò che va oltre  esso, ad esempio l'appartenenza ad un gruppo.
A 2 anni il bambino comincia a parlare di sé ("io","me","mio"), a 4-5 al centro delle sue riflessioni vi sono i concetti di cattiveria/bontà, riconducibili al concetto biologico di avvicinamento/allontanamento da un pericolo.
Questi concetti permettono di sviluppare l'autostima. Visioni particolarmente negative di se stessi possono condurre ad una depressione già a 3-5 anni.
A 3 anni il bambino conosce il nome di alcune emozioni, a 4 riesce ad associarle alle situazioni.
Si sviluppano due tipologie di emozioni: le emozioni esposte (imbarazzo, invidia, gelosia, empatia) e le emozioni auto-coscienti (vergogna, senso di colpa) che hanno una funzione maggiormente regolatrice del comportamento.
La vergogna è una sensazione pervasiva dell'intero essere che spinge a nascondere un proprio errore. Il senso di colpa può avere funzioni molto utili; il senso di colpa predisposizionale che si presenta solo in alcune situazioni, in presenza di un errore riparabile e si correla positivamente con l'empatia, la spinta al volontariato, l'antirazzismo ecc. Può essere incentivato da uno stile educativo basato sull'attenzione verso le emozioni altrui e le proprie responsabilità;
il senso di colpa cronico che è uno stato mentale stabile, in presenza di errori irreparabili (morte di un amico...) o scaturito da uno stile educativo che cerca sistematicamente di far sentire la persona in colpa, è correlato positivamente con aggressività e depressione.
Lo sviluppo del senso morale e dell'empatia può altresì essere facilitato da caratteristiche biologiche e dalle influenze del contesto familiare.

Personalità e teorie psicodinamiche – Una panoramica generale.

Uno degli elementi fondamentali dell'approccio psicodinamico allo studio della personalità fu la scoperta dell'inconscio. Alla base di questo concetto si struttura l'approccio psicodinamico di Sigmund Freud, con il suo elevatissimo valore storico nella definizione della psicologia come disciplina.
Il primo modello costruito da Freud, il modello topico, distingue: a) un piano conscio dell'individuo, di superficie, caratterizzato da tutta la sua sfera di consapevolezza;  b) un piano preconscio, un piano maggiormente nascosto, ma facilmente accessibile dall'individuo stesso mediante la verbalizzazione o tecniche più sofisticate;  c) un piano inconscio, centrale nei processi di personalità, assolutamente inaccessibile da un individuo senza un'adeguata relazione d'aiuto.
Concetto fondamentale e chiave per lo studio della personalità secondo il modello freudiano, è la pulsione, definita come spinta endogena verso l'esterno caratterizzata da un'origine, una meta, ed un oggetto. Una seconda teoria freudiana si sposta dallo studio della struttura fisica della personalità allo studio dei processi psichici. Freud distingue allora tre istanze psichiche, che mediando la pulsione attraverso i meccanismi di difesa propri dell'Io, costruiscono la personalità individuale:
L’Es (Id), l'istanza più primitiva, quella rappresentata dai fondamenti biologici e motivazionali elementari della personalità. Queste energie fanno riferimento, per la loro scarica nella condotta, esclusivamente al principio del piacere. Hanno infatti come meta la totale e completa soddisfazione pulsionale e l'evitamento del dolore.
L'Io (Ego), l'istanza razionale e realistica nella quale il soddisfacimento degli impulsi scaturiti dall'Es trova il confronto e la mediazione. L'Io funziona  secondo il principio della realtà. Attraverso i meccanismi di difesa che sviluppa l'individuo, le pulsioni divengono socialmente accettabili, confrontandosi con un contesto sociale e personale che ne media la scarica in condotte considerate positive.
Il Super-Io (Super-ego), l'ultima istanza di sviluppo in ordine di tempo, che segue le leggi della moralità e dell'etica. Si compone del concetto di bene e male (come caratteristica astratta rispetto alle conseguenze materiali dirette, di vantaggio o svantaggio immediati, di un'azione), e dell'ideale dell'io, un modello ideale e un'aspirazione sul come si dovrebbe essere.
Per esemplificare l'evoluzione della personalità, Freud ha focalizzato l'attenzione su una serie di bisogni, ognuno dei quali è associato ad una parte del corpo e caratterizza una delle principali fasi di sviluppo dell'essere umano, esse sono:
- La fase orale, che riguarda i primi 18 mesi di vita, nei quali il bambino si procura da solo un intenso piacere nel succhiare. Non essendo ancora venuto a contatto con gli obblighi, i divieti, le disapprovazioni del mondo esterno, il bambino inizia ad esplorare il proprio corpo alla ricerca di nuove fonti di piacere.
- La fase anale, che interessa il bambino fino al terzo anno di età, è incentrata sul piacere indotto subito dopo la fine della defecazione. L'infante impara a riconoscere il momento ed il luogo adatti alla evacuazione, oltre a trattenere le feci seguendo le direttive del mondo esterno. Attua, per la prima volta nell'arco della sua esistenza, un compromesso tra piacere, obblighi e dignità sociali.
- La fase fallica, dai 3 ai 6 anni, nella quale il bambino scopre i genitali e manifesta un orientamento bisessuale. Superando la fase edipica, l'angoscia di castrazione nei maschi, l'invidia del pene nelle femmine, il bambino, identificandosi con il genitore dello stesso sesso, sviluppa la coscienza morale, inserendo nella propria personalità, le regole, le norme trasmesse dal genitore.
Freud non è stato l'unico ricercatore ad indagare le fasi dello sviluppo della personalità. Erik Erikson aggiunse la dimensione psico-sociale a quella psico-sessuale freudiana, oltre a ritenere che l'evoluzione non si esaurisce con l'adolescenza ma prosegue tutta la vita.
Secondo Carl G. Jung le caratteristiche personali sono riconducibili a dei tipi, archetipi innati che fanno riferimento all'inconscio collettivo.
Ritorneremo su questi punti quando studieremo l’Apparato Psichico e la Teoria Psicoanalitica di Sigmund Freud
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Bibliografia – testi da consultare se si desidera approfondire

G. V. Caprara, A. Gennaro, Psicologia della personalità, il Mulino, 2° edizione, 1999
W. Mischel, Lo studio della personalità, il Mulino, 1996
L. A. Pervin, O. P. John, La scienza della personalità, Raffaello Cortina Editore, 1997
C. Lombardo, M. Cardaci, Le emozioni. Dalle teorie alle persone, Carocci editore, 1998

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Teorie ad Approccio Psicodinamico.

Premessa

Fin qui abbiamo dato uno sguardo abbastanza rapido ad alcuni punti chiave. Non è certamente esaustivo ma solo indicativo; ovviamente il campo d’indagine che ci interessa e che cercheremo di approfondire è quello relativo alle teorie psicologiche, psicodinamiche ovvero la Psiche umana e il suo funzionamento.
Ma prima di gettarci a testa bassa nella lettura delle teorie principali della personalità è bene sottolineare alcuni aspetti fondamentali che hanno dato vita a tante ricerche, studi, indagini in ambito psicologico per spiegare la Personalità.
Molti sono i contributi, diversi tra loro gli approcci ma di certo si può affermare che tutti sono motivati dal desiderio di scoprire l’Essere Umano e il suo Funzionamento Psichico.
In questo capitolo prenderemo come testo base della nostra disamina La scoperta dell’Inconscio di  Ellenberger. Non solo. Per non essere tacciata di “faziosità”  e di essere “sfacciatamente” sostenitrice delle teorie del profondo, porterò alla vostra attenzione anche autorevoli critiche mosse all’indirizzo delle ipotesi teoriche e delle tecniche d’intervento dell’approccio psicoanalitico alla persona.
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Henri F. Ellenberger

Ellenberger è nato in Rodhesia nel 1905 da genitori missionari di origine svizzera tedesca.
E’ difficile rintracciare note biografiche che lo riguardano  a causa dei suoi problemi politici che lo hanno costretto a cambiare più volte nazionalità.
Psichiatra e studioso della storia della psicologia dinamica, è considerato il più importante storiografo della psichiatria del XX° secolo; famoso il suo “La scoperta dell’Inconscio” edito in Italia da Boringhieri .
Come sopra detto cambiò più volte la propria nazionalità (francese, inglese, svizzera), per vicissitudini storico-politiche e burocratiche.
Dopo gli studi medici e psichiatrici a Strasburgo, si trasferisce a Parigi dove inizia a lavorare come psichiatra. Svolse un’analisi didattica con Oskar Pfister  negli anni che vanno dal 1949 al 1952 senza però completare il suo percorso formativo psicoanalitico.
Spinto dalla curiosità di conoscere più a fondo la storia della psichiatria, all’inizio degli anni ’50 si avvia ad approfondire i temi del percorso storico fatto dalla psichiatria, in particolare di quella ad orientamento psicodinamico.
Le sue competenze linguistiche (parlava correntemente inglese, francese e tedesco), e la possibilità di accedere direttamente agli archivi europei gli permettono di raccogliere ed analizzare molte fonti primarie, troppo  spesso trascurate nelle storiografie dell’epoca.
Si trasferisce in America; qui conosce Karl Menninger, e nel 1953 inizia il suo insegnamento presso la Menninger School of Psychiatric di Topeka, Kansas.
Dopo pochi anni, per le difficoltà create alla moglie di origine russa, dal difficile clima politico della guerra fredda e dal Mackartismo, decide di trasferirsi in Canada, dove ottiene, nel 1959, la Cattedra di Criminologia alla McGill University. Nel 1962 diventa Professore di Psichiatria e Criminologia presso l’Università di Montreal. Rimarrà in Quebec fino alla sua morte avvenuta nel 1993.
Come psichiatra, Ellenberger portò importanti contributi sia alla psichiatria transculturale sia alla vittimologia, di cui fu uno dei fondatori storici.
Ellenberger è ricordato principalmente per il suo monumentale studio della storia della psichiatria dinamica, sintesi di uno sforzo ventennale di ricerca: The Discovery of the Unconscious, 1970- Traduzione Italiana La Scoperta dell’Inconscio, un testo che in circa 1.000 pagine analizza dettagliatamente e sulla base di centinaia di fonti primarie e migliaia di note bibliografiche, lo sviluppo storico della psichiatria dinamica nell’arco temporale che va dal XVIII° al XX° secolo.
E’ una delle opere di riferimento ed una delle più importanti ricerche esistenti sulle origini e lo sviluppo della psicoanalisi, della psichiatria clinica e degli studi sull’inconscio.
Il testo ebbe da subito una grande risonanza internazionale in ambito accademico e permise una rianalisi senza precedenti di molti assunti della storiografia psicologica e psichiatrica classica.
Infatti, proprio sull’opera di Ellenberger si sono basate tante revisioni successive della storia dello sviluppo dei concetti psicoanalitici, della valutazione della pratica clinica di Freud, dell’originalità ed importanza teorica dei contributi di Jung, delle anticipazioni teoriche di Janet e di tanti altri.
Ancora oggi a più di 40 anni dalla sua pubblicazione La Scoperta dell’Inconscio continua ad essere considerato uno dei principali modelli di ricerca storico-scentifica di settore a cui fare riferimento.
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Critiche.

La Psicologia del profondo, detta anche Psicologia Psicodinamica, è costituita da un insieme d’ ipotesi teoriche e di tecniche d’intervento che, purtroppo, non hanno acquisito l’autorevolezza e il riconoscimento delle discipline scientifiche come la medicina, la fisica, la chimica, ecc, anche al giorno d’oggi che si fa un gran parlare di  “Psicologia”.
Su questo “piccolo problema” s’innesta un altro fattore negativo: il rigido dogmatismo vale a dire, la rigida adesione ed osservanza al paradigma teorico di riferimento cui aderiscono gli Psicologi Psicodinamici; mi riferisco all'assenza di una critica onesta.
Il  dogmatismo porta ad affermare che “se il paziente non migliora tanto peggio per lui” come a dire che la teoria e la tecnica usate devono per forza essere quelle giuste e se non funzionano con ogni probabilità il paziente non è adatto o mette in atto meccanismi di resistenza, o….. altri alibi.
Mai sorge il dubbio che forse sarebbe meglio considerare che quella teoria, quella tecnica hanno nella propria impalcatura qualche falla. L’assenza di una coscienziosa critica fa di quella teoria, una teoria che non può essere sottoposta al processo scientifico secondo le note caratteristiche: Ipotesi, Sperimentazione, Invaliditazione, Validazione. Perché un' ipotesi teorica per essere valida deve poter essere invalidata.
Non c’è nulla che non va nel seguire le linee guida di un Caposcuola, ciò che proprio non va è l’elemento acritico che conduce alla ortodossia e ad una sorta di autoritarismo. Questo procedere mette in evidenza il bisogno di certezze da parte dell’autore, ma affinché una teoria possa considerarsi “buona” è necessario abbandonare dogmatismi e apriorismi. Anacronistici e velleitari.
Sviluppare il senso critico in ambito psicologico è fondamentale; per fare un esempio possiamo paralare di soggettività.  Elemento che entra costantemente nella psicologia e talvolta è perturbante.
In ogni teoria psicologica è importante riflettere sull’influenza dei fattori soggettivi dell’autore, fattori  che costituiscono lo scheletro e sul quale si andranno a modellare i punti centrali di quella teoria.
Dimenticare anche per un solo brevissimo istante questa constatazione, significa andare incontro a inutili fanatismi, il “cui unico effetto è quello di rendere inefficace il pur minimo ed eventuale granello di verità che possa ritrovarsi in una teoria”. (A. Carotenuto- Discorso sulla metapsicologia – Boringhieri 1982).
Ora proverò ad indicare il fattore soggettivo, cioè, l’origine psicobiografica di una metapsicologia (termine usato per la prima volta da Freud nel 1896), con tale termine si vuole indicare la parte più astratta della psicologia a prescindere dai suoi contenuti senza per questo sminuirne il valore.
Entreremo nella vita di 3 caposcuola per spiegare il fattore soggettivo che ne ha influenzato la struttura.
Jung parlando di se stesso ebbe a dire: “La critica filosofica mi ha aiutato a comprendere il carattere soggettivo di confessione proprio di ogni psicologia, anche della mia. Ma devo impedire alla mia critica di privarmi della mia possibilità personale di creare”.
Di fronte alla molteplicità, alla complessità e alle continue contraddizioni dei fenomeni del mondo esterno- che restano per la maggior parte inafferrabili- specie se non si ha un felice rapporto con se stessi, diventa comprensibile l’impulso d’astrazione che è conseguenza di un’inquietudine interiore provata e sofferta.
Dietro e dentro queste ferite, e questi traumi, c’è la lunga storia dell’uomo come specie, dei suoi conflitti e dei suoi terrori.
Nel preciso momento in cui chi costruisce una metapsicologia universalizzandola, l’autorei opera un passaggio essenziale, perché nel restituire universalità ad un dramma lo rende condivisibile, visibile e grande vale a dire che impedisce al dramma di essere vissuto alla stregua di una vicenda privata e, per quanto soggettiva, la sofferenza d’un uomo è già la sofferenza dell’uomo.
“….fin dall’inizio questa sofferenza non è esclusivamente privata e personale, ma è contemporaneamente una sofferenza esistenziale, in un primo tempo inconscia, per i problemi fondamentali dell’umanità….”. E. Neumann.
A Sigmund Freud non poteva certo sfuggire il problema della soggettività in psicologia tant’è che riteneva necessaria l’analisi approfondita del terapeuta, ma riteneva anche che “é sempre assai difficile raggiungere un consenso universale in materia di psicologia del profondo” (in opere 1926).
Dr.ssa Donatella Steck


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                               CAP. 3  METAPSICOLOGIA


Termine usato da Freud inizialmente per indicare che gli assunti della psicologia analitica andavano ben oltre l’orizzonte della esperienza cosciente per spiegare il comportamento dell’uomo.
Rappresenta il livello più alto di astrazione nel continuum che va dalla osservazione clinica alla teoria psicoanalitica ed è un utile strumento concettuale per la fondazione di un modello sistematico e orientativo attorno al quale organizzare i dati clinici e le teorizzazioni psicoanalitiche sull’inconscio.
Tale strumento, grazie a Freud, sarà la cornucopia (in senso simbolico, ovviamente) da cui attingeranno a piene mani tutti gli altri studiosi. Dunque dobbiamo all’austriaco più famoso, dopo la principessa Sissi, se la psicologia e la ricerca intorno ad essa sono andate avanti fino ai giorni nostri, soprattutto dobbiamo a Freud e Jung se questa disciplina ha avuto l’attenzione della comunità scientifica.
Come ebbe  a dire a tale proposito Jung: “Freud fu un grande distruttore che ruppe le catene del passato…..Il merito storico di Freud (….) consiste (…..) nel fatto che egli spezza i falsi idoli come un profeta del Vecchio Testamento e mette spietatamente a nudo quel che vi è di marcio nell’anima contemporanea”. (C.G.Jung 1932, Sigmund Freud come fenomeno storico-culturale. In Realtà dell’anima, pp.114-115).
Dunque, dobbiamo a Freud se si è aperta la strada verso un futuro sgombro da illusioni, verso la riscoperta dei valori psichici più profondi. Ma per raggiungere questo traguardo fu tuttavia necessario andare oltre l’interpretazione meramente sessuale dell’inconscio e cogliere gli aspetti più globali della psiche. Passare, cioè, da una visione meramente soggettiva della psiche ad una concezione che includesse i suoi elementi obiettivi e collettivi. Ma questa parte la prenderemo in considerazione più avanti.
Poiché la psicologia accademica sul finire del diciannovesimo secolo e agli inizi del ventesimo assimilava il concetto di mentale e quello di conscio, i processi inconsci furono considerati al di fuori del dominio della mente e quindi oltre la psicologia” (traduzione letterale del termine metapsicologia).
Una spiegazione del comportamento in termini metapsicologici comprende i punti di vista dinamico, economico e strutturale, con l’introduzione più recente degli aspetti genetici e adattativi .
Ma proviamo ad andare per ordine, al fine di evitare confusioni.

3.1 Sigmund Freud-Vita -Formazione

Sigmund Shlomo (il Saggio in lingua ebraica) Freud nasce Il 6 maggio del 1856 a Freiberg (Moravia) da Jacob Freud e Amalie Nathanson. E’ una famiglia con poche risorse economiche e questo fatto sarà determinante anche per la sua professione e per l’adesione a un certo modello rigido di tipo medico-scientifico.
Il padre è un commerciante di lana ed è al suo terzo matrimonio; dalla regione di origine la Galazia, per motivi politico-economici è costretto ad andare a Vienna. E’ un uomo che può definirsi libero pensatore, studioso di scritture ebraiche non impone al figlio regole rigide nella pratica religiosa. Il giovane Freud però è anch’egli appassionato di studi sulla Bibbia e ne verrà influenzato, così come è attratto dalla antichità classica e dalle teorie evoluzionistiche di Darwin. L’attrazione delle civiltà classiche sarà uno dei motivi conduttori di tutta la sua esistenza e lo porterà a fare viaggi in Grecia -Atene - e a Roma.
Superati gli esami di maturità si iscrive alla facoltà di Medicina dell’Università di Vienna.
Nel 1876 (a vent’anni) entra nell’Istituto di Fisiologia diretto da Ernst Wihelm von Bruche e nel 1881 si laurea in medicina. L’influenza di Brucke si fa sentire: questi esorta il giovane medico ad abbandonare gli studi teorici, ciò anche a causa delle difficoltà economiche in cui versa la famiglia di Freud.  F. conosce Martha Bernays – di famiglia ebraica – con la quale si fidanza segretamente ed entra come praticante all’Ospedale generale di Vienna. Qui viene in contatto con Josef Breuer (Psichiatra) che lo onora della sua protezione e di un’amicizia sincera che durerà fino al 1894.  Breuer mette Freud al corrente del caso di Anna O.
Nel 1883 Freud diventa assistente di Theodor Meynert e si specializza in malattie nervose. Per due anni - fino al 1885 – si dedica alla ricerca in particolare sul midollo e sulla cocaina. Tali ricerche  gli permettono di ottenere una borsa di studio per seguire a Parigi le lezioni del grande neurologo Jean-Martin Charcot..
Dopo un soggiorno a Berlino per motivi di studio (1886) ritorna a Vienna, inizia la pratica medica come specialista in malattie nervose e sposa Martha Bernays. Un anno dopo conosce Wihelm Fliess – medico biologo otorinolaringoiatra berlinese – con il quale stringerà una amicizia duratura..
La sua fortuna inizierà da un laboratorio di zoologia diretto da Carl Claus e in seguito nell’Istituto di Fisiologia diretta da Ernst Wilhelm Brucke suo grande sostenitore e mentore. Presso l’istituto effettuerà ricerche di neurofisiologia. Ma andiamo per ordine.
S. Freud studiò medicina a Vienna e si interessò in un primo momento allo studio della fisiologia. Su questa posò particolare attenzione dedicandosi alla ricerca sugli anestetici. Ebbe una borsa di studiò che gli consentì di recarsi in Francia (1885-1886), prima da J.M.Charcot presso l’ospedale La Salpetrière di Parigi e in seguito a Nancy da Liébeault e Bernheim che utilizzavano l’ipnosi nella cura dell’isteria. Tali esperienze ebbero una grande influenza su Freud che, ritornato a “casa” – Vienna – iniziò la sua collaborazione con lo psichiatra J.  Breuer, questi stava mettendo a punto un metodo terapeutico sull’isteria, chiamato da lui Catarsi che consisteva nel far rivivere a pazienti ipnotizzati momenti traumatici della loro vita passata che erano stati apparentemente dimenticati.  Da questa collaborazione vedrà la nascita una monografia: Studi sull’isteria-1895.
Alcuni anni dopo il loro connubio si interromperà sia perché Freud aveva perso la propria fiducia nell’ipnosi – che riteneva pericolosa e scarsamente terapeutica, sia per dissapori sorti tra i due studiosi.
Avvierà studi e ricerche Neurologiche e sugli effetti della Cocaina come sostitutivo della morfina per la terapia del dolore; ne era così convinto da consigliarne la cura ad un amico e non prevedendo la dipendenza che era del pari alla dipendenza della morfina, avrà dei grandi sensi di colpa quando l’amico morirà.
Agli inizi Freud cura i suoi pazienti con l’Idroterapia e la Elettroterapia ma risultando inefficaci proverà con l’Ipnosi come già accennato. Nel 1896 muore il padre e un anno dopo inizia l’autoanalisi. E’ un periodo molto sofferto e doloroso; la perdita del padre lo porta ad esaminare il suo controverso rapporto con lui. Nel 1899 esce L’Interpretazione dei Sogni. Nel 1900 si rompe l’amicizia con Fliess e l’anno successivo (1901) esce Psicopatologia della vita quotidiana. Stesura del Caso Clinico Dora..
Intorno al 1900 Freud, che aveva iniziato circa tre anni prima una rigorosa autoanalisi, pubblica L’Interpretazioni dei sogni  pietra miliare che segna, in tutti i sensi, la nascita di una nuova scienza: la Psicoanalisi.   Nel 1902 esce Tre saggi sulla teoria sessuale e contestualmente, Il Motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. La Psicoanalisi esce dall’isolamento e comincia ad essere praticata anche all’estero; sempre nello stesso anno -1902- un gruppo di discepoli –tra i quali troviamo A.Adler – inizia a riunirsi presso Freud. E’ così che viene fondata la Società Psicoanalitica di Vienna, che terrà il suo primo congresso a Salisburgo nel 1908, secondo passo verso il riconoscimento ufficiale nella comunità scientifica non solo europea,  della nuova disciplina e del nuovo metodo di cura . Con Jung farà un viaggio in America dove tiene le Cinque Conferenze sulla Psicoanalisi alla Harvard University che gli conferirà una laurea “honoris causa” in psicologia, questo, è a tutti gli effetti, il primo riconoscimento internazionale del movimento psicoanalitico.
 Nel 1911 Adler si chiama fuori dalla società psicoanalitica e fonderà una propria scuola psicologica, nel 1914 lo stesso farà Jung.
Gli anni ’30-’35 del 900 saranno anni fecondi per la Psicoanalisi e per il movimento psicoanalitico in genere; Fioriranno diverse scuole di pensiero, ci sarà la rottura (1913) del sodalizio Freud-Jung. Si Fonda la Società Psicoanalitica a Budapest diretta da Ferenczi, Jones quella di Londra Brill quella di New York (1911). A. Adler si allontana dalla Società Viennese. Freud continua il suo lavoro di stesura a Introduzione al narcisismo, Caso Clinico l’Uomo dei Lupi; altro caso clinico L’uomo dei Topi. Stesura di alcuni saggi di Metapsicologia (1915), l’Io e l’Es (1922), Psicologia delle Masse. Nel 1925 dopo le ultime due  operazioni per un cancro alla mascella esce Inibizione, sintomo e angoscia; la figlia Anna entra a far parte del Comitato di Psicoanalisi.
S.Freud muore nel 1939.

Il Punto centrale della teoria freudiana all’approccio alle nevrosi è il concetto di Rimozione (non solo, ma è da qui che si parte).
 Come arriva a tale formulazione teorica? Che cosa è il suo concetto di meccanismo di rimozione?
L’Idea  di un meccanismo di difesa non fu certamente una scoperta originale di Freud; infatti, egli ha avuto un congruo numero di predecessori ai quali si è in parte rifatto, in poche parole, da questi predecessori ha preso vari suggerimenti sui quali, alla fine, creerà l’ossatura della sua teoria e prassi terapeutica. Se andiamo ad osservare attentamente la novità di Freud nei risultati conseguiti, “sta nel fatto che fece rientrare il concetto di difesa nell’ambito della teoria degli affetti; in tal modo il concetto assumeva un carattere propriamente freudiano”  (L. Frey-Rohn,1993- La teoria della rimozione nella psicologia freudiana).
Herbart, fu tra i primi a proporre il concetto di rimozione (1816). Quando ancora era liceale, Freud scoprì la psicologia di Fechner leggendo un libro di Lindner e vi trovò il concetto di Rimozione di Herbart.
Faccio questo breve excursus, sperando di non recarvi noia, perché il libro di Herbart  ebbe una importanza decisiva, si tratta di una  delle primissime introduzioni alla psicologia scientifica del diciannovesimo secolo.
In Herbart  il futuro padre della psicoanalisi, trova accennata l’idea che il gioco dinamico tra le rappresentazioni opposte, che entrano in collisione, porta alla rimozione.  Ma Herbart  pensava anche che le rappresentazioni inconsce fossero indistruttibili e non andassero mai perdute, cosicché sarebbero potute di nuovo riaffiorare alla coscienza una volta che l’ostacolo specifico fosse stato eliminato
Ho messo in corsivo e sottolineato questa parte per evidenziare quanto sono sorprendenti i punti di contatto che si possono trovare tra alcune di queste prime scoperte e i successivi concetti freudiani.
Freud comunque, riceverà altri stimoli concreti dai suoi contemporanei. Charcot,con il nesso causale tra trauma psichico (obnubilation du moi) e fissazione di idee e di sintomi prodotta dall’autosuggestione, Janet con le sue ricerche sugli automatismi psichici (che faceva risalire alla dissociazione delle idee insufficientemente assimilate), in primo luogo e in secondo luogo con il suo concetto di “esistenze secondarie”, produrrà in Freud una impressione durevole e persistente.
La teoria di Janet della debolezza percettiva dell’Io, in relazione ad una limitazione dell’attenzione, fu elaborata solo pochi anni dopo la teoria di Breuer degli stati ipnoidi. Breuer, infatti, aveva asserito che gli stati simili al sogno – o ipnoidi – favoriscono lo sviluppo di esperienze traumatiche.
Ma Freud arriverà ad elaborare una teoria della difesa che gli farà asserire che non è lo stato ipnoide a causare l’isteria, ma il trauma psichico e il risultante meccanismo di difesa (S.Freud -1894  le neuropsicosi da difesa).
E’ l’incompatibilità tra trauma e IO a far scattare la difesa contro gli eccitamenti inaccettabili.
Vi rammentate quando abbiamo accennato agli stati di tensione?
Nella sua teoria Breuer aveva ipotizzato due tipi di tensione: 1) eccitamento intracerebrale in stato di tensione; 2) eccitamento in relativo stato di quiete.
La dinamica degli eccitamenti opposti può dare luogo ad una ipertrofizzazione degli opposti che rende impossibile l’elaborazione dell’affetto incompatibile. In condizioni normali la difesa produce un adattamento all’ambiente più o meno  appropriato, ma nel nevrotico questo tentativo sembra fallire. Il conflitto psichico viene cacciato forzatamente nell’inconscio dove permane con tutta la sua tensione inalterata, la perseveration come l’ha definita Janet, conflitto sempre pronto ad irrompere quando se ne presenti l’occasione, ovvero non è gestibile e controllabile. Il conflitto è, se è permessa libera licenza di pensiero, una sorta di spirito irredento che bersaglia la coscienza con continui attacchi.
Da queste osservazioni e soprattutto da questa idea del conflitto, si formano due assunti basilari della psicoanalisi:
°  La nevrosi è causata da un fallimento del tentativo di difesa.
° La difesa è connessa ad un meccanismo elementare in grado di dissociare l’affetto della rappresentazione.
Ritorniamo alla metapsicologia e vediamo di prendere in considerazione i 3 punti di vista  che ci introdurranno all’apparato psichico.

1) Punto di vista dinamico: tratta delle energie psichiche utilizzate nel comportamento e in particolare dello scontro o del conflitto fra le pulsioni istintuali e le tendenze inibitrici del passato e del presente.

2) Punto di vista economico: tratta del dispiegarsi delle energie psichiche e dell’aumentare o decrescere di tali energie.

3) Punto di vista strutturale: comprende gli assunti relativi a quelle configurazioni psicologiche organizzate e durevoli che vanno sotto il nome di IO, Super-IO, Es.  Ciò comprende fra l’altro i tratti del carattere, le difese, le abitudini, le norme morali, le attitudini, gli interessi, i ricordi, gli ideali, ecc.
Sono questi i derivati attuali delle prime relazioni oggettuali, filtrati attraverso i processi di identificazione.
Le strutture si distinguono dalle energie per la loro persistenza nel tempo e per la lentezza con cui si modificano mentre le energie cambiano costantemente ampiezza e direzione oppure scompaiono dopo la scarica.
Poiché abbiamo accennato anche al punto di vista genetico ne parliamo in maniera rapida: questo si riferisce sia alla storia dei processi istintuali e del funzionamento dell’IO, che si esprimono in un dato comportamento, sia alla storia della relazione del soggetto con la situazione in cui il comportamento si realizza. Mentre il punto di vista adattativo considera i mutamenti intrapsichici e le modificazioni ambientali realizzabili mediante l’attività dell’IO, necessari per lo sviluppo di un’armonica relazione fra le energie pulsionali istintive, le inibizioni internalizzate e le richieste del mondo esterno.

3.2 Apparato Psichico

Mi rendo conto che ci sono dei “vuoti” ed è per questo che riprendo il più velocemente possibile alcuni concetti fondamentali; se vogliamo proseguire e andare oltre la psicologia freudiana e intraprendere un viaggio  più “intrigante”, è inevitabile avere fermi i punti cardine.
Apparato psichico è sinonimo di apparato mentale. E’ la suddivisione ipotetica della mente, su basi dinamiche e funzionali, in vari sistemi, tendenze o gruppi di funzioni, come strumento concettuale per la comprensione dello sviluppo psicologico e del comportamento degli esseri umani. Dovrebbe essere distinto dal cervello e dalle sue attività fisiologiche e non sottintende alcuna localizzazione cerebrale o nel sistema nervoso.
Gli orientamenti, sulla base della Teoria strutturale, dividono l’apparato psichico in sistemi secondo il criterio che oppone la realtà più profonda –le manifestazioni delle pulsioni istintuali e dell’IO  che derivano ambedue dalla matrice indifferenziata IO-ES – alla realtà esterna – l’ambiente esterno -.
La prima teoria psicoanalitica, nota come ipotesi topografica, divideva l’apparato in sistemi secondo il criterio dell’accessibilità alla coscienza:

Il sistema Conscio e Preconscio  opposto al sistema inaccessibile dell’ inconscio.

Lo sviluppo della conoscenza relativa al funzionamento ed una certa incompletezza della teoria topografica portarono alla formulazione della Teoria strutturale che suddivide la mente in vari gruppi di funzioni psichiche. La suddivisione più rilevante dell’apparato psichico è fra
*Es che è collegato direttamente alla pulsioni istintuali e
*Io, istanza più coerente e organizzata che regola e contrasta le pulsioni, svolgendo una mediazione fra queste e le esigenze del mondo esterno.  C’è un’altra divisione nell’Io definita
*Super-Io che rappresenta specificamente le funzioni morali e punitive ma anche le aspirazioni ideali.
L’apparato psichico si divide in tre gruppi di funzioni –ES, IO, Super-IO – di cui si parla come di “strutture” (vedi parte terza metapsicologia).
Ognuna di queste strutture psichiche viene compresa con più precisione se intesa come gruppo di contenuti mentali (tracce mestiche, ricordi, costellazioni affettive, fantasie originarie caricate emotivamente, pensieri organizzati, connessioni psico-fisiologiche, ecc.) e di processi funzionalmente collegati fra loro.
Va sottolineato che tutta l’attività mentale –fantasie, pensieri, azioni o sintomi – è il derivato della mutua interazione fra le tendenze dell’ES, IO e Super-IO, combinate con l’influenza della realtà esterna.
Apparato psichico è il termine adottato da tutti per alludere a questa complessiva interazione funzionale, più o meno integrata, che contribuisce alla risultante finale dell’adattamento degli essere umani alla realtà esterna.
Storicamente, la concezione originale di Freud dell’apparato psichico lo paragonava al “sistema di lenti differenziate e successive del telescopio” nel quale le immagini preliminari si formano laddove non è situata alcuna parte tangibile dell’apparato.

3.3 Sviluppo dell’IO

Al momento della nascita, l’Apparato Psichico si trova in una Fase indifferenziata, che ha la facoltà potenziale di sviluppare l’ES e l’IO basata su fattori ereditari e costituzionali (innati). Ciò che realmente accadrà di tale potenziale dipende, comunque, in gran parte dagli esseri umani che circondano il bambino (l’ambiente) e dalla loro capacità di amarlo per amor suo e non semplicemente come un prolungamento di se stessi.
Nel corso dello sviluppo dell’IO, alcuni avvenimenti incidono sulla sua crescita e si riflettono non soltanto nel comportamento esterno ma anche negli stati psichici più profondi.
Il piccolo bambino viene inondato da una massa di stimoli di ogni sorta. Nelle prime fasi della vita ciò potrebbe essere intollerabile se non fosse per la barriera degli stimoli, ovvero una minore sensibilità fisiologica al dolore ed agli altri stimoli esistenti nella vita successiva. Inoltre lo stato primitivo dell’IO impedisce al neonato di rendersi conto del suo stato di assoluto bisogno e di percepire quegli stimoli sgradevoli di tale intensità da essere inevitabili. Tuttavia, la capacità di discriminare fra stati piacevoli e dolorosi esiste quasi fin dall’inizio e tali esperienze si conservano registrate sotto forma di tracce mnestiche.
L’immagine corporea si costruisce pian piano attraverso le sensazioni (i cinque sensi) prodotte dagli stimoli in una amalgama con le tracce mnestiche, alcuni derivati dai processi fisiologici del corpo, dagli interventi del primo oggetto investito di emozioni – la madre -.
La rappresentazione psichica dell’altro è dapprima solo parziale, il seno, il viso, le mani  il calore del corpo, come rappresentanti della madre. Agli inizi, inoltre, il e le rappresentazioni oggettuali sono scarsamente differenziate ed anche nella vita adulta rimangono in un certo senso fluidi e intercambiabili.
La gratificazione dei bisogni fisiologici da parte della madre, fonda le tracce mnestiche dell’esperienza di soddisfacimento che vengono riattivate a mò di soddisfazione del desiderio allorché la madre, come inevitabilmente accade, è nella impossibilità di soddisfarlo immediatamente.
Questo procedere dalla percezione del bisogno allo stato psichico successivo al suo soddisfacimento anche nel caso in cui il bisogno non sia stato esaudito (detta soddisfazione allucinatoria del desiderio), possiede le qualità anticipatorie proprie di un riflesso condizionato, ma segna anche l’inizio della fantasia e del pensiero.
La madre giunge a riconoscere il significato dell’attività motoria e delle emozioni del proprio bambino; la sua percezione e la sua risposta a questi segnali preverbali sono il fondamento della loro reciproca forma primitiva di comunicazione affettivo-motoria. In questo interscambio, il livello di soddisfazione che si realizza contribuisce probabilmente sia alla successiva capacità di empatia sia ad altri tratti del carattere.
Il bambino, in risposta al sorriso della madre, sorride a sua volta e questa imitazione precorre quelli che saranno i processi psichici di identificazione cioè la base di gran parte dello sviluppo dell’IO.
Numerose esperienze di piacere e di dolore vengono associate agli esseri umani, soprattutto alla madre, ma il bambino in genere non riconosce come individuo distinto da sé fin verso la fine del primo anno. A quel momento la sua assenza è fonte di ansia – accompagnata da angoscia di separazione e la presenza di estranei lo spaventa – angoscia dell’estraneo -.
Questi fenomeni segnano le tappe fondamentali nello sviluppo dell’IO del  bambino.
Gli oggetti cominciano ad apparire come tali, i ricordi a differenziarsi dalle percezioni correnti e cominciano a svilupparsi quelle che saranno le difese contro gli stimoli dolorosi.
L’IO nel suo funzionamento primitivo segue il modello delle funzioni corporee: la mente introietta –vale a dire, porta dentro, come nell’allattamento – ciò che soddisfa i bisogni e dà piacere, e tenta anche di evitare o di escludere dalla coscienza ciò che è dannoso o spiacevole, oppure, cerca di rifiutare, evacuare, proiettare le impressioni ricevute inevitabilmente da tali stimoli.
Dalla seconda metà del primo anno fino al terzo, il bambino attraverserà una fase che M. Mahler ha descritto come di “separazione-individuazione”, durante la quale la concezione psichica del sé si costituisce come separata da quella dell’oggetto.  Durante il secondo anno il bambino va verso il raggiungimento della capacità di stare da solo. Non chiede più la presenza costante della madre perché essa gli è, per così dire, cresciuta dentro ed è diventata parte della sua personalità, cioè la sua mente ha raggiunto la rappresentazione della costanza dell’oggetto.
Quest’ultima, unitamente a relazioni oggettuali reciprocamente soddisfacenti, esercita una potente influenza sullo sviluppo dell’IO e viceversa. Anche la sazietà favorisce la fusione del sé con le rappresentazioni oggettuali e riporta ad uno stato psichico rassomigliante alla primitiva unità con la madre, mentre la privazione aumenta il sentimento di separazione. Se la madre non ha fornito al bambino un livello ottimale di gratificazione e di frustrazione istintuale, adeguato ai bisogni ed al grado di robustezza della mente durante la crescita, in tal caso l’individuazione, lo sviluppo del sentimento del sé, l’identità vengono sminuiti.
Perciò l’identità globale dell’individuo è determinata in parte dal grado di gratificazione dei bisogni istintuali che questi trova nelle relazioni con gli altri, a partire da quelle con la madre e il padre che sono le più importanti nei primi tempi della vita.
I conflitti connessi con tale gratificazione possono intralciare o facilitare l’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Tutti gli individui hanno una certa mescolanza di qualità maschili e femminili derivanti dall’identificazione con ambedue i genitori.
Nelle primissime fasi il bambino non può “conoscere” la propria impotenza, i suoi bisogni vengono soddisfatti come per magia poiché gli altri esseri, che non sono ancora differenziati da lui, appaiono e scompaiono; è come se fosse onnipotente. Più tardi, allorché diventa consapevole del proprio essere separato e bisognoso, attribuisce questa onnipotenza ai propri genitori e li idealizza.  Quando si rende conto di quanto sia  dipendente da coloro che lo circondano, comincia a pretendere il loro affetto. Diventa capace di rinunciare ad alcune soddisfazioni in cambio di amore; da ciò deriverà poi la capacità di dare ed anche quella di ricevere passivamente l’amore. Questo segna l’inizio di un passaggio dalla passività all’attività facilitato, tra l’altro, dal crescente sviluppo motorio, per mezzo della fase attività diventa capace infine di un certo controllo sull’ambiente che lo circonda.
Lo sviluppo della parola alla metà del secondo anno e la sua maturazione negli dal terzo al quinto sono accompagnati da un enorme sviluppo dei processi del pensiero.
Il Processo primario del pensiero viene sostituito da quello secondario, ma quest’ultimo rimane fragile per lungo tempo, poiché in molte circostanze continuano ad esistere sia il pensiero magico che l’onnipotenza del pensiero.
Tramite la rappresentazione psichica degli oggetti introiettati, si raggiunge un certo controllo degli impulsi. Comunque, il bambino ancora agisce più sulla base della paura di un’effettiva punizione e del desiderio di un compenso affettivo piuttosto che in termini di colpa e di auto-stima, che sopraggiungono solo gradualmente e raggiungono il massimo sviluppo al momento della rinuncia dei desideri edipici che coincide con l’identificazione col padre (nel maschio si ha la formazione del Super-IO come risultato della risoluzione del complesso Edipico).
In questo progressivo sviluppo del funzionamento dell’IO, la differenziazione del sé dal mondo oggettuale viene seguita dalla costanza dell’oggetto e infine, nell’adolescenza, dalla capacità di amore oggettuale. Per quest’ultimo occorre abbandonare sia gli oggetti infantili che un eccesso d’amore di sé (narcisismo). Se l’ambiente è accettabilmente benevolo, la realtà viene pian piano padroneggiata, si realizza l’obiettività del pensiero, le attività autonome diventano più estese e più solide e si conquista una ragionevole efficienza nella regolamentazione delle pulsioni. Comunque, la maturazione delle specifiche funzioni dell’IO continua a realizzarsi anche durante la vita adulta finché l’individuo sviluppa una stabile e crescente capacità di amare, di lavorare e di adattarsi al mondo circostante. Continua....
Dr.ssa Donatella Steck

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Bibliografia
A. Carotenuto- Discorso sulla metapsicologia, 1982
C.G.Jung          Sigmund Freud come fenomeno storico-culturale. In Realtà dell’anima 1932
L.Frey-Rohn   La Teoria della rimozione nella psicologia freudiana, 1993
S.Freud             Studi sull'isteria,1895
S.Freud             L'Interpretazione dei sogni, 1899
S.Freud             Metapsicologia, 1915
S.Freud             Psicopatologia della vita quotidiana, 1901 
H.F. Ellenberger La scoperta dell’Inconscio ,1970