Sigmund Shlomo Freud

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CAP. 3 METAPSICOLOGIA
Termine usato da Freud inizialmente per indicare che gli assunti della psicologia analitica andavano ben oltre l’orizzonte della esperienza cosciente per spiegare il comportamento dell’uomo.
Rappresenta il livello più alto di astrazione nel continuum che va dalla osservazione clinica alla teoria psicoanalitica ed è un utile strumento concettuale per la fondazione di un modello sistematico e orientativo attorno al quale organizzare i dati clinici e le teorizzazioni psicoanalitiche sull’inconscio.
Tale strumento, grazie a Freud, sarà la cornucopia (in senso simbolico, ovviamente) da cui attingeranno a piene mani tutti gli altri studiosi. Dunque dobbiamo all’austriaco più famoso, dopo la principessa Sissi, se la psicologia e la ricerca intorno ad essa sono andate avanti fino ai giorni nostri, soprattutto dobbiamo a Freud e Jung se questa disciplina ha avuto l’attenzione della comunità scientifica.
Come ebbe a dire a tale proposito Jung: “Freud fu un grande distruttore che ruppe le catene del passato…..Il merito storico di Freud (….) consiste (…..) nel fatto che egli spezza i falsi idoli come un profeta del Vecchio Testamento e mette spietatamente a nudo quel che vi è di marcio nell’anima contemporanea”. (C.G.Jung 1932, Sigmund Freud come fenomeno storico-culturale. In Realtà dell’anima, pp.114-115).
Dunque, dobbiamo a Freud se si è aperta la strada verso un futuro sgombro da illusioni, verso la riscoperta dei valori psichici più profondi. Ma per raggiungere questo traguardo fu tuttavia necessario andare oltre l’interpretazione meramente sessuale dell’inconscio e cogliere gli aspetti più globali della psiche. Passare, cioè, da una visione meramente soggettiva della psiche ad una concezione che includesse i suoi elementi obiettivi e collettivi. Ma questa parte la prenderemo in considerazione più avanti.
Poiché la psicologia accademica sul finire del diciannovesimo secolo e agli inizi del ventesimo assimilava il concetto di mentale e quello di conscio, i processi inconsci furono considerati al di fuori del dominio della mente e quindi “oltre la psicologia” (traduzione letterale del termine metapsicologia).
Una spiegazione del comportamento in termini metapsicologici comprende i punti di vista dinamico, economico e strutturale, con l’introduzione più recente degli aspetti genetici e adattativi .
Ma proviamo ad andare per ordine, al fine di evitare confusioni.
3.1 Sigmund Freud-Vita -Formazione
Sigmund Shlomo (il Saggio in lingua ebraica) Freud nasce Il 6 maggio del 1856 a Freiberg (Moravia) da Jacob Freud e Amalie Nathanson. E’ una famiglia con poche risorse economiche e questo fatto sarà determinante anche per la sua professione e per l’adesione a un certo modello rigido di tipo medico-scientifico.
Il padre è un commerciante di lana ed è al suo terzo matrimonio; dalla regione di origine la Galazia, per motivi politico-economici è costretto ad andare a Vienna. E’ un uomo che può definirsi libero pensatore, studioso di scritture ebraiche non impone al figlio regole rigide nella pratica religiosa. Il giovane Freud però è anch’egli appassionato di studi sulla Bibbia e ne verrà influenzato, così come è attratto dalla antichità classica e dalle teorie evoluzionistiche di Darwin. L’attrazione delle civiltà classiche sarà uno dei motivi conduttori di tutta la sua esistenza e lo porterà a fare viaggi in Grecia -Atene - e a Roma.
Superati gli esami di maturità si iscrive alla facoltà di Medicina dell’Università di Vienna.
Nel 1876 (a vent’anni) entra nell’Istituto di Fisiologia diretto da Ernst Wihelm von Bruche e nel 1881 si laurea in medicina. L’influenza di Brucke si fa sentire: questi esorta il giovane medico ad abbandonare gli studi teorici, ciò anche a causa delle difficoltà economiche in cui versa la famiglia
di Freud. F. conosce Martha Bernays – di famiglia ebraica – con la quale si fidanza segretamente ed entra come praticante all’Ospedale generale di Vienna. Qui viene in contatto con Josef Breuer (Psichiatra) che lo onora della sua protezione e di un’amicizia sincera che durerà fino al 1894. Breuer mette Freud al corrente del caso di Anna O.
Nel 1883 Freud diventa assistente di Theodor Meynert e si specializza in malattie nervose. Per due anni - fino al 1885 – si dedica alla ricerca in particolare sul midollo e sulla cocaina. Tali ricerche gli permettono di ottenere una borsa di studio per seguire a Parigi le lezioni del grande neurologo Jean-Martin Charcot..
Dopo un soggiorno a Berlino per motivi di studio (1886) ritorna a Vienna, inizia la pratica medica come specialista in malattie nervose e sposa Martha Bernays. Un anno dopo conosce Wihelm Fliess – medico biologo otorinolaringoiatra berlinese – con il quale stringerà una amicizia duratura..
La sua fortuna inizierà da un laboratorio di zoologia diretto da Carl Claus e in seguito nell’Istituto di Fisiologia diretta da Ernst Wilhelm Brucke suo grande sostenitore e mentore. Presso l’istituto effettuerà ricerche di neurofisiologia. Ma andiamo per ordine.
S. Freud studiò medicina a Vienna e si interessò in un primo momento allo studio della fisiologia. Su questa posò particolare attenzione dedicandosi alla ricerca sugli anestetici. Ebbe una borsa di studiò che gli consentì di recarsi in Francia (1885-1886), prima da J.M.Charcot presso l’ospedale La Salpetrière di Parigi e in seguito a Nancy da Liébeault e Bernheim che utilizzavano l’ipnosi nella cura dell’isteria. Tali esperienze ebbero una grande influenza su Freud che, ritornato a “casa” – Vienna – iniziò la sua collaborazione con lo psichiatra J. Breuer, questi stava mettendo a punto un metodo terapeutico sull’isteria, chiamato da lui Catarsi che consisteva nel far rivivere a pazienti ipnotizzati momenti traumatici della loro vita passata che erano stati apparentemente dimenticati.
Da questa collaborazione vedrà la nascita una monografia: Studi sull’isteria-1895.
Alcuni anni dopo il loro connubio si interromperà sia perché Freud aveva perso la propria fiducia nell’ipnosi – che riteneva pericolosa e scarsamente terapeutica, sia per dissapori sorti tra i due studiosi.
Avvierà studi e ricerche Neurologiche e sugli effetti della Cocaina come sostitutivo della morfina per la terapia del dolore; ne era così convinto da consigliarne la cura ad un amico e non prevedendo la dipendenza che era del pari alla dipendenza della morfina, avrà dei grandi sensi di colpa quando l’amico morirà.
Agli inizi Freud cura i suoi pazienti con l’Idroterapia e la Elettroterapia ma risultando inefficaci proverà con l’Ipnosi come già accennato. Nel 1896 muore il padre e un anno dopo inizia l’autoanalisi. E’ un periodo molto sofferto e doloroso; la perdita del padre lo porta ad esaminare il suo controverso rapporto con lui. Nel 1899 esce L’Interpretazione dei Sogni. Nel 1900 si rompe l’amicizia con Fliess e l’anno successivo (1901) esce Psicopatologia della vita quotidiana. Stesura del Caso Clinico Dora..
Intorno al 1900 Freud, che aveva iniziato circa tre anni prima una rigorosa autoanalisi, pubblica L’Interpretazioni dei sogni pietra miliare che segna, in tutti i sensi, la nascita di una nuova scienza: la Psicoanalisi. Nel 1902 esce Tre saggi sulla teoria sessuale e contestualmente, Il Motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. La Psicoanalisi esce dall’isolamento e comincia ad essere praticata anche all’estero; sempre nello stesso anno -1902- un gruppo di discepoli –tra i quali troviamo A.Adler – inizia a riunirsi presso Freud. E’ così che viene fondata la Società Psicoanalitica di Vienna, che terrà il suo primo congresso a Salisburgo nel 1908, secondo passo verso il riconoscimento ufficiale nella comunità scientifica non solo europea, della nuova disciplina e del nuovo metodo di cura . Con Jung farà un viaggio in America dove tiene le Cinque Conferenze sulla Psicoanalisi alla Harvard University che gli conferirà una laurea “honoris causa” in psicologia, questo, è a tutti gli effetti, il primo riconoscimento internazionale del movimento psicoanalitico.
Nel 1911 Adler si chiama fuori dalla società psicoanalitica e fonderà una propria scuola psicologica, nel 1914 lo stesso farà Jung.
Gli anni ’30-’35 del 900 saranno anni fecondi per la Psicoanalisi e per il movimento psicoanalitico in genere. Fioriranno diverse scuole di pensiero, ci sarà la rottura (1913) del sodalizio Freud-Jung.
Nasce la Società Psicoanalitica a Budapest diretta da Ferenczi, quella di Londra diretta da Jones, Brill quella di New York (1911). A. Adler si allontana dalla Società Viennese. Freud continua il suo lavoro di stesura a Introduzione al narcisismo, Caso Clinico l’Uomo dei Lupi; altro caso clinico L’uomo dei Topi. Stesura di alcuni saggi di Metapsicologia (1915), l’Io e l’Es (1922), Psicologia delle Masse. Nel 1925 dopo le ultime due operazioni per un cancro alla mascella esce Inibizione, sintomo e angoscia; la figlia Anna entra a far parte del Comitato di Psicoanalisi. Freud muore nel 1939.
Il Punto centrale della teoria freudiana all’approccio alle nevrosi è il concetto di Rimozione (non solo, ma è da qui che si parte).
Come arriva a tale formulazione teorica? Che cosa è il suo concetto di meccanismo di rimozione?
L’Idea  di un meccanismo di difesa non fu certamente una scoperta originale di Freud; infatti, egli ha avuto un congruo numero di predecessori ai quali si è in parte rifatto, in poche parole, da questi predecessori ha preso vari suggerimenti sui quali, alla fine, creerà l’ossatura della sua teoria e prassi terapeutica. Se andiamo ad osservare attentamente la novità di Freud nei risultati conseguiti, “sta nel fatto che fece rientrare il concetto di difesa nell’ambito della teoria degli affetti; in tal modo il concetto assumeva un carattere propriamente freudiano” (L. Frey-Rohn,1993- La teoria della rimozione nella psicologia freudiana).
Herbart, fu tra i primi a proporre il concetto di rimozione (1816). Quando ancora era liceale, Freud scoprì la psicologia di Fechner leggendo un libro di Lindner e vi trovò il concetto di Rimozione di Herbart.
Faccio questo breve excursus, sperando di non recarvi noia, perché il libro di Herbart ebbe una importanza decisiva, si tratta di una delle primissime introduzioni alla psicologia scientifica del diciannovesimo secolo.
In Herbart il futuro padre della psicoanalisi, trova accennata l’idea che il gioco dinamico tra le rappresentazioni opposte, che entrano in collisione, porta alla rimozione. Ma Herbart pensava anche che le rappresentazioni inconsce fossero indistruttibili e non andassero mai perdute, cosicché sarebbero potute di nuovo riaffiorare alla coscienza una volta che l’ostacolo specifico fosse stato eliminato
Ho messo in corsivo e sottolineato questa parte per evidenziare quanto sono sorprendenti i punti di contatto che si possono trovare tra alcune di queste prime scoperte e i successivi concetti freudiani.
Freud comunque, riceverà altri stimoli concreti dai suoi contemporanei. Charcot,con il nesso causale tra trauma psichico (obnubilation du moi) e fissazione di idee e di sintomi prodotta dall’autosuggestione, Janet con le sue ricerche sugli automatismi psichici (che faceva risalire alla dissociazione delle idee insufficientemente assimilate), in primo luogo e in secondo luogo con il suo concetto di “esistenze secondarie”, produrrà in Freud una impressione durevole e persistente.
La teoria di Janet della debolezza percettiva dell’Io, in relazione ad una limitazione dell’attenzione, fu elaborata solo pochi anni dopo la teoria di Breuer degli stati ipnoidi. Breuer, infatti, aveva asserito che gli stati simili al sogno – o ipnoidi – favoriscono lo sviluppo di esperienze traumatiche.
Ma Freud arriverà ad elaborare una teoria della difesa che gli farà asserire che non è lo stato ipnoide a causare l’isteria, ma il trauma psichico e il risultante meccanismo di difesa (S.Freud -1894 le neuropsicosi da difesa).
E’ l’incompatibilità tra trauma e IO a far scattare la difesa contro gli eccitamenti inaccettabili.
Vi rammentate quando abbiamo accennato agli stati di tensione?
Nella sua teoria Breuer aveva ipotizzato due tipi di tensione: 1) eccitamento intracerebrale in stato di tensione; 2) eccitamento in relativo stato di quiete.
La dinamica degli eccitamenti opposti può dare luogo ad una ipertrofizzazione degli opposti che rende impossibile l’elaborazione dell’affetto incompatibile. In condizioni normali la difesa produce un adattamento all’ambiente più o meno appropriato, ma nel nevrotico questo tentativo sembra fallire. Il conflitto psichico viene cacciato forzatamente nell’inconscio dove permane con tutta la
sua tensione inalterata, la perseveration come l’ha definita Janet, conflitto sempre pronto ad irrompere quando se ne presenti l’occasione, ovvero non è gestibile e controllabile. Il conflitto è, se è permessa libera licenza di pensiero, una sorta di spirito irredento che bersaglia la coscienza con continui attacchi.
Da queste osservazioni e soprattutto da questa idea del conflitto, si formano due assunti basilari della psicoanalisi:
    ° La nevrosi è causata da un fallimento del tentativo di difesa.
° La difesa è connessa ad un meccanismo elementare in grado di dissociare l’affetto della rappresentazione.
Ritorniamo alla metapsicologia e vediamo di prendere in considerazione i 3 punti di vista che ci introdurranno all’apparato psichico.
1) Punto di vista dinamico: tratta delle energie psichiche utilizzate nel comportamento e in particolare dello scontro o del conflitto fra le pulsioni istintuali e le tendenze inibitrici del passato e del presente.
2) Punto di vista economico: tratta del dispiegarsi delle energie psichiche e dell’aumentare o decrescere di tali energie.
3) Punto di vista strutturale: comprende gli assunti relativi a quelle configurazioni psicologiche organizzate e durevoli che vanno sotto il nome di IO, Super-IO, Es. Ciò comprende fra l’altro i tratti del carattere, le difese, le abitudini, le norme morali, le attitudini, gli interessi, i ricordi, gli ideali, ecc.
Sono questi i derivati attuali delle prime relazioni oggettuali, filtrati attraverso i processi di identificazione.
Le strutture si distinguono dalle energie per la loro persistenza nel tempo e per la lentezza con cui si modificano mentre le energie cambiano costantemente ampiezza e direzione oppure scompaiono dopo la scarica.
Poiché abbiamo accennato anche al punto di vista genetico ne parliamo in maniera rapida: questo si riferisce sia alla storia dei processi istintuali e del funzionamento dell’IO, che si esprimono in un dato comportamento, sia alla storia della relazione del soggetto con la situazione in cui il comportamento si realizza. Mentre il punto di vista adattativo considera i mutamenti intrapsichici e le modificazioni ambientali realizzabili mediante l’attività dell’IO, necessari per lo sviluppo di un’armonica relazione fra le energie pulsionali istintive, le inibizioni internalizzate e le richieste del mondo esterno.
3.2 Apparato Psichico
Mi rendo conto che ci sono dei “vuoti” ed è per questo che riprendo il più velocemente possibile alcuni concetti fondamentali; se vogliamo proseguire e andare oltre la psicologia freudiana e intraprendere un viaggio più “intrigante”, è inevitabile avere fermi i punti cardine.
Apparato psichico è sinonimo di apparato mentale. E’ la suddivisione ipotetica della mente, su basi dinamiche e funzionali, in vari sistemi, tendenze o gruppi di funzioni, come strumento concettuale per la comprensione dello sviluppo psicologico e del comportamento degli esseri umani. Dovrebbe essere distinto dal cervello e dalle sue attività fisiologiche e non sottintende alcuna localizzazione cerebrale o nel sistema nervoso.
Gli orientamenti, sulla base della Teoria strutturale, dividono l’apparato psichico in sistemi secondo il criterio che oppone la realtà più profonda –le manifestazioni delle pulsioni istintuali e
dell’IO che derivano ambedue dalla matrice indifferenziata IO-ES – alla realtà esterna – l’ambiente esterno -.
La prima teoria psicoanalitica, nota come ipotesi topografica, divideva l’apparato in sistemi secondo il criterio dell’accessibilità alla coscienza:
Il sistema Conscio e Preconscio opposto al sistema inaccessibile dell’ inconscio.
Lo sviluppo della conoscenza relativa al funzionamento ed una certa incompletezza della teoria topografica portarono alla formulazione della Teoria strutturale che suddivide la mente in vari gruppi di funzioni psichiche. La suddivisione più rilevante dell’apparato psichico è fra
*Es che è collegato direttamente alla pulsioni istintuali e
*Io, istanza più coerente e organizzata che regola e contrasta le pulsioni, svolgendo una mediazione fra queste e le esigenze del mondo esterno. C’è un’altra divisione nell’Io definita
*Super-Io che rappresenta specificamente le funzioni morali e punitive ma anche le aspirazioni ideali.
L’apparato psichico si divide in tre gruppi di funzioni –ES, IO,Super-IO – di cui si parla come di “strutture” (vedi parte terza metapsicologia).
Ognuna di queste strutture psichiche viene compresa con più precisione se intesa come gruppo di contenuti mentali (tracce mestiche, ricordi, costellazioni affettive, fantasie originarie caricate emotivamente, pensieri organizzati, connessioni psico-fisiologiche, ecc.) e di processi funzionalmente collegati fra loro.
Va sottolineato che tutta l’attività mentale –fantasie, pensieri, azioni o sintomi – è il derivato della mutua interazione fra le tendenze dell’ES, IO e Super-IO, combinate con l’influenza della realtà esterna.
Apparato psichico è il termine adottato da tutti per alludere a questa complessiva interazione funzionale, più o meno integrata, che contribuisce alla risultante finale dell’adattamento degli essere umani alla realtà esterna.
Storicamente, la concezione originale di Freud dell’apparato psichico lo paragonava al “sistema di lenti differenziate e successive del telescopio” nel quale le immagini preliminari si formano laddove non è situata alcuna parte tangibile dell’apparato.
3.3 Sviluppo dell’IO
Al momento della nascita, l’Apparato Psichico si trova in una Fase indifferenziata, che ha la facoltà potenziale di sviluppare l’ES e l’IO basata su fattori ereditari e costituzionali (innati). Ciò che realmente accadrà di tale potenziale dipende comunque, in gran parte dagli esseri umani che circondano il bambino (l’ambiente) e dalla loro capacità di amarlo per amor suo e non semplicemente come un prolungamento di se stessi.
Nel corso dello sviluppo dell’IO, alcuni avvenimenti incidono sulla sua crescita e si riflettono non soltanto nel comportamento esterno ma anche negli stati psichici più profondi.
Il piccolo bambino viene inondato da una massa di stimoli di ogni sorta. Nelle prime fasi della vita ciò potrebbe essere intollerabile se non fosse per la barriera degli stimoli, ovvero una minore sensibilità fisiologica al dolore ed agli altri stimoli esistenti nella vita successiva. Inoltre lo stato primitivo dell’IO impedisce al neonato di rendersi conto del suo stato di assoluto bisogno e di percepire quegli stimoli sgradevoli di tale intensità da essere inevitabili. Tuttavia, la capacità di discriminare fra stati piacevoli e dolorosi esiste quasi fin dall’inizio e tali esperienze si conservano registrate sotto forma di tracce mnestiche.
L’immagine corporea si costruisce pian piano attraverso le sensazioni (i cinque sensi) prodotte dagli stimoli in una amalgama con le tracce mnestiche, alcuni derivati dai processi fisiologici del corpo, dagli interventi del primo oggetto investito di emozioni – la madre -.
La rappresentazione psichica dell’altro è dapprima solo parziale, il seno, il viso, le mani il calore del corpo, come rappresentanti della madre. Agli inizi, inoltre, il sé e le rappresentazioni oggettuali sono scarsamente differenziate ed anche nella vita adulta rimangono in un certo senso fluidi e intercambiabili.
La gratificazione dei bisogni fisiologici da parte della madre, fonda le tracce mnestiche dell’esperienza di soddisfacimento che vengono riattivate a mò di soddisfazione del desiderio allorché la madre, come inevitabilmente accade, è nella impossibilità di soddisfarlo immediatamente.
Questo procedere dalla percezione del bisogno allo stato psichico successivo al suo soddisfacimento anche nel caso in cui il bisogno non sia stato esaudito (detta soddisfazione allucinatoria del desiderio), possiede le qualità anticipatorie proprie di un riflesso condizionato, ma segna anche l’inizio della fantasia e del pensiero.
La madre giunge a riconoscere il significato dell’attività motoria e delle emozioni del proprio bambino; la sua percezione e la sua risposta a questi segnali preverbali sono il fondamento della loro reciproca forma primitiva di comunicazione affettivo-motoria. In questo interscambio, il livello di soddisfazione che si realizza contribuisce probabilmente sia alla successiva capacità di empatia sia ad altri tratti del carattere.
Il bambino, in risposta al sorriso della madre, sorride a sua volta e questa imitazione precorre quelli che saranno i processi psichici di identificazione cioè la base di gran parte dello sviluppo dell’IO.
Numerose esperienze di piacere e di dolore vengono associate agli esseri umani, soprattutto alla madre, ma il bambino in genere non riconosce come individuo distinto da sé fin verso la fine del primo anno. A quel momento la sua assenza è fonte di ansia – accompagnata da angoscia di separazione e la presenza di estranei lo spaventa – angoscia dell’estraneo -.
Questi fenomeni segnano le tappe fondamentali nello sviluppo dell’IO del bambino.
Gli oggetti cominciano ad apparire come tali, i ricordi a differenziarsi dalle percezioni correnti e cominciano a svilupparsi quelle che saranno le difese contro gli stimoli dolorosi.
L’IO nel suo funzionamento primitivo segue il modello delle funzioni corporee: la mente introietta –vale a dire, porta dentro, come nell’allattamento – ciò che soddisfa i bisogni e dà piacere, e tenta anche di evitare o di escludere dalla coscienza ciò che è dannoso o spiacevole, oppure, cerca di rifiutare, evacuare, proiettare le impressioni ricevute inevitabilmente da tali stimoli.
Dalla seconda metà del primo anno fino al terzo, il bambino attraverserà una fase che M. Mahler ha descritto come di “separazione-individuazione”, durante la quale la concezione psichica del sé si costituisce come separata da quella dell’oggetto. Durante il secondo anno il bambino va verso il raggiungimento della capacità di stare da solo. Non chiede più la presenza costante della madre perché essa gli è, per così dire, cresciuta dentro ed è diventata parte della sua personalità, cioè la sua mente ha raggiunto la rappresentazione della costanza dell’oggetto.
Quest’ultima, unitamente a relazioni oggettuali reciprocamente soddisfacenti, esercita una potente influenza sullo sviluppo dell’IO e viceversa. Anche la sazietà favorisce la fusione del sé con le rappresentazioni oggettuali e riporta ad uno stato psichico rassomigliante alla primitiva unità con la madre, mentre la privazione aumenta il sentimento di separazione. Se la madre non ha fornito al bambino un livello ottimale di gratificazione e di frustrazione istintuale, adeguato ai bisogni ed al grado di robustezza della mente durante la crescita, in tal caso l’individuazione, lo sviluppo del sentimento del sé, l’identità vengono sminuiti.
Perciò l’identità globale dell’individuo è determinata in parte dal grado di gratificazione dei bisogni istintuali che questi trova nelle relazioni con gli altri, a partire da quelle con la madre e il padre che sono le più importanti nei primi tempi della vita.
I conflitti connessi con tale gratificazione possono intralciare o facilitare l’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Tutti gli individui hanno una certa mescolanza di qualità maschili e femminili derivanti dall’identificazione con ambedue i genitori.
Nelle primissime fasi il bambino non può “conoscere” la propria impotenza, i suoi bisogni vengono soddisfatti come per magia poiché gli altri esseri, che non sono ancora differenziati da lui, appaiono e scompaiono; è come se fosse onnipotente. Più tardi, allorché diventa consapevole del proprio essere separato e bisognoso, attribuisce questa onnipotenza ai propri genitori e li idealizza. Quando si rende conto di quanto sia dipendente da coloro che lo circondano, comincia a pretendere il loro affetto. Diventa capace di rinunciare ad alcune soddisfazioni in cambio di amore; da ciò deriverà poi la capacità di dare ed anche quella di ricevere passivamente l’amore. Questo segna l’inizio di un passaggio dalla passività all’attività facilitato, tra l’altro, dal crescente sviluppo motorio, per mezzo della fase attività diventa capace infine di un certo controllo sull’ambiente che lo circonda.
Lo sviluppo della parola alla metà del secondo anno e la sua maturazione negli dal terzo al quinto sono accompagnati da un enorme sviluppo dei processi del pensiero.
Il Processo primario del pensiero viene sostituito da quello secondario, ma quest’ultimo rimane fragile per lungo tempo, poiché in molte circostanze continuano ad esistere sia il pensiero magico che l’onnipotenza del pensiero.
Tramite la rappresentazione psichica degli oggetti introiettati, si raggiunge un certo controllo degli impulsi. Comunque, il bambino ancora agisce più sulla base della paura di un’effettiva punizione e del desiderio di un compenso affettivo piuttosto che in termini di colpa e di auto-stima, che sopraggiungono solo gradualmente e raggiungono il massimo sviluppo al momento della rinuncia dei desideri edipici che coincide con l’identificazione col padre (nel maschio si ha la formazione del Super-IO come risultato della risoluzione del complesso Edipico).
In questo progressivo sviluppo del funzionamento dell’IO, la differenziazione del sé dal mondo oggettuale viene seguita dalla costanza dell’oggetto e infine, nell’adolescenza, dalla capacità di amore oggettuale. Per quest’ultimo occorre abbandonare sia gli oggetti infantili che un eccesso d’amore di sé (narcisismo). Se l’ambiente è accettabilmente benevolo, la realtà viene pian piano padroneggiata, si realizza l’obiettività del pensiero, le attività autonome diventano più estese e più solide e si conquista una ragionevole efficienza nella regolamentazione delle pulsioni. Comunque, la maturazione delle specifiche funzioni dell’IO continua a realizzarsi anche durante la vita adulta finché l’individuo sviluppa una stabile e crescente capacità di amare, di lavorare e di adattarsi al mondo circostante.
3.4 –Funzioni dell’IO
Le funzioni specifiche dell’IO sono numerose. Nella definizione data nella precedente lezione per la voce “IO”, sono state indicate come percettive, integrative, regolatrici, esecutive, difensive, autonome e relative alle relazioni oggettuali. A partire da ciò discuteremo alcune funzioni speciali dell’IO cui la psichiatria e la psicoanalisi dedicano un’attenzione particolare. Esse, in una certa misura, si intersecano le une con le altre.
1) Relazione con la realtà Non comprende soltanto l’adattamento alla realtà che richiede il funzionamento complessivo della persona mediato dall’Io, ma anche ciò che indichiamo come prova di realtà e sentimento di realtà. L’Adattamento alla realtà richiede adattabilità alle modificazioni del mondo esterno sia che implichi cose, oggetti o situazioni. Ci sono individui che trovano molto difficile far fronte ai cambiamenti della loro vita quotidiana, come cambiare posizione rispetto a una situazione economica, a una promessa non mantenuta, ecc. Alcuni genitori non si adattano mai al matrimonio oppure all’allontanamento dei figli ormai cresciuti, e alcuni figli non riescono, oppure lo fanno con grandi difficoltà, a trasferire sui coniugi il loro legame affettivo con la propria famiglia originaria.
La prova di realtà si riferisce alla capacità di valutare correttamente il mondo esterno ed i suoi significati generalmente accettati. Un esempio molto significativo del suo fallimento è il delirio paranoie, che comporta la convinzione secondo cui persone neutrali e innocue hanno l’intenzione di danneggiare il soggetto delirante.
Se una persona si limita a sentire le cose in questo modo, ma razionalmente si rende conto che ciò non può essere vero, la prova di realtà è salva nonostante un grave disturbo emotivo.
In generale, il mantenimento della prova di realtà è ciò che distingue gli individui relativamente normale e quelli nevrotici dagli psicotici, anche se si danno molti esempi di casi di borderline (stati di confine).
Il sentimento di realtà è raramente disturbato salvo nelle condizioni mentali più anomale, quali la schizofrenia. In tal caso l’aspetto del mondo esterno può risultare completamente cambiato: il ciclo può sembrare scuro e carico di profezie, i palazzi apparire sinistri presagi, le persone essere sentite irreali, il proprio corpo estraneo, alcune parti distaccate, ecc. Tuttavia il sentimento di realtà può restare integro rispetto ad una prova di realtà erronea, come nel caso di quei brillanti paranoici che sbrigano le proprie incombenze quotidiane senza alcuna alterazione della coscienza ma con deliri inaccessibili alla ragione.
2) Regolazione e controllo delle pulsioni Questa funzione dell’io si esprime nella capacità di resistere all’angoscia, alla frustrazione, alla depressione, all’insuccesso, al differimento delle gratificazioni che ci si attendevano, ecc. cioè dominare e distribuire in modo armonioso le molteplici esigenze espresse dagli istinti, i isogni e i desideri che provengono dall’interno. Ciò implica la capacità di attendere, di ritardare le soddisfazioni, di non essere “spiazzati” dalle situazioni improvvise; implica anche la capacità di far seguire i fatti alle intenzioni, di trovare adeguate vie di gratificazione e di compensazione e di impegnarsi in attività costruttive, soddisfacenti e socialmente accettabili (cioè sublimazioni).
3) Relazioni oggettuali Questa funzione dell’IO ha due aspetti:
a)- la capacità di dar vita a legami affettuosi e amichevoli con altri individui, con un minimo di sentimenti di ostilità immotivata e, soprattutto, di provare e di esprimere sentimenti verso adeguati oggetti dell’altro sesso;
b)- la capacità di mantenere tali relazioni in modo concreto, per lungo tempo, con un minimo di scambio reciproco di ostilità. I disturbi delle relazioni oggettuali prendono forma di freddezza emotiva e di distacco, di incapacità ad innamorarsi ed a tener vivo l’amore, di interesse centrato su di sé, di dipendenza passiva dagli altri oppure del bisogno di dominarli spietatamente e di perversioni. Una persona dipendente secondo modalità infantili facilmente cercherà di trasformare il proprio coniuge in un genitore piuttosto che in un partner coniugale. La relazione sadomasochistica (come quella descritta nel romanzo “Chi ha paura di Virginia Woolf?”), in cui un matrimonio va avanti per anni in uno stato di eterno conflitto, può comportare morbose soddisfazioni per ciascuno dei due membri della coppia. Le perversioni sono caratterizzate da diversi gradi e tipi di anomalie nelle relazioni oggettuali dalla quasi totale assenza di queste ultime. La relazione dello psicotico con gli oggetti è ad un livello così carente, primitivo e – cosa abbastanza strana – spesso ipersensibile, che una delle sue più evidenti caratteristiche è l’annullamento delle relazioni umane.
4) Processi del pensiero La capacità di percepire ciò che ci succede intorno e di coordinare, classificare e “dare un senso” alle percezioni; di pensare, di giungere a delle conclusioni, di scoprire somiglianze e differenze; di ricordare, di concentrarsi, di apprendere, di dare giudizi, di pianificare il futuro; anche tutte queste ed altre attività che noi chiamiamo genericamente pensiero, cioè la funzione dell’IO che distingue l’uomo dagli animali inferiori, sono soggette a disturbi di vasta portata. Così, con tutto il rispetto per le scienze fisiche e matematiche, Newton e Pascal
furono grandissimi geni, ma nelle loro opinioni e nella loro valutazione delle motivazioni e del comportamento umano, il loro pensiero era contagiato da considerazioni seriamente patologiche.
Un individuo nella valutazione di una situazione politica è molto più influenzato dal suo retroterra tradizionale, dalla sua condizione economica e dalla sua classe, dai suoi pregiudizi e dalle sue animosità personali, piuttosto che da considerazioni fredde, obiettive e impersonali. Chi è primitivo attribuisce le motivazioni proprie dell’uomo a oggetti inanimati e non-umani e di conseguenza vive in un mondo di paura e di superstizione i cui effetti debbono essere affrontati soltanto con mezzi magici.
Per millenni l’uomo ha creduto che le malattie fossero causate da spiriti demoniaci o da stregoni malevoli e finché gli uomini non furono capaci di staccarsi da questo erroneo modo di pensare dominato dai timori e dai desideri, non fu possibile fare progressi nella comprensione delle malattie. I disturbi dei processi del pensiero, provocati dalle preoccupazioni dell’adolescente relative alla masturbazione, possono dar luogo a conseguenze disastrose sulle carriere accademiche di molti ragazzi dotati.
5) Funzioni difensive .Storicamente si tratta della prima funzione dell’Io definita da Freud; in realtà, ciò che dette luogo agli inizi della teoria psicoanalitica fu la rimozione. Le idee di Freud circa l’IO subirono significativi cambiamenti, e l’enfasi da lui posta sulle funzioni difensive si modificò nel corso degli anni.
A suo tempo egli concepì l’Io come la parte cosciente della personalità e la difesa, cioè il tentativo di tenere lontani gli impulsi e i desideri sessuali inaccettabili, come un processo più o meno conscio; oggi, comunque, l’attuale concezione delle difese dell’IO si è evoluta a partire dal riconoscimento che esse operano, come le pulsioni istintuali, ad un livello inconscio. Le difese sono meccanismi che l’IO impiega per espellere dalla coscienza le pulsioni fondamentalmente sessuali ed aggressive, che susciterebbero angoscia nell’individuo. Così la zitella che si arrabbia nel vedere i giovani che si baciano in pubblico, è de tutto inconsapevole del fatto che è arrabbiata perché stimolata sessualmente da quella vista, gelosa della libera espressione della sessualità e minacciata da un impulso che le provoca ansia. L’Io nel percepire il sorgere di u impulso, esperimenta piccole quantità di ansia (o angoscia) a mò di anticipazione e cerca di proteggersi realizzando determinate manovre, che noi chiamiamo difese oppure “difese dell’IO”. Fra i più importanti meccanismi di difesa dell’IO abbiamo: l’intellettualizzazione, la razionalizzazione, l’identificazione (usata come difesa, assume molto spesso la forma di identificazione con l’aggressore), l’introiezione, la proiezione, il diniego, la rimozione, la formazione reattiva, l’isolamento, l’annullamento, lo spostamento e la regressione.
6) Funzioni autonome Sebbene gran parte delle funzioni dell’IO vengono facilmente influenzate dagli impulsi istintuali, tanto che il loro esercizio può essere seriamente disturbato, tuttavia c’è un certo numero di funzioni dell’IO, cosiddette autonome, che sono relativamente resistenti a tali forze. Esse sono la percezione, la motilità (i camminare, l’uso delle mani, ecc), l’intenzionalità (pianificare, anticipare, progettare), l’intelligenza, il pensiero, la parola e i linguaggio. Queste funzioni autonome “primarie” si sviluppano nel bambino con un certo andamento relativamente più indipendente dalle potenti forze della sessualità e dell’aggressività che non le funzioni sopra descritte (relazioni oggettuali, difese, ecc.). Le autonomie “secondarie” sono forme di comportamento che cominciano come difese contro le pulsioni istintuali ma che si liberano relativamente da tali influenze nel corso dello sviluppo. Così un individuo che si ribella assai aspramente contro un padre autoritario cui inconsciamente desidera sottomettersi, può trasformare la sua ribellione in una costruttiva critica sociale. Nella forza concreta che infine la sua ribellione assume, essa si libera dalla passività e dalla formazione reattiva di cui si era nutrita.
7) La funzione sintetica, integrativa o organizzatrice Questa importantissima funzione si riferisce alla capacità dell’IO di unire, organizzare e collegare le varie pulsioni, tendenze e funzioni
all’interno della personalità, permettendo all’individuo di sentire, pensare e agire in maniera organizzata e orientata. Questa si manifesta in numerose esperienze individuali in cui si soddisfano in modo armonioso le pulsioni, gli orientamenti dell’IO, le esigenze sociali, ecc. Essa può anche mettere varie forze in contatto fra loro in modo tale che, pur non essendo del tutto adattativi rispetto alla vita, tuttavia è il migliore possibile per l’individuo in quella particolare circostanza. Così, la formazione di un sintomo, che rappresenta l’amalgama di due tendenze opposte, pur essendo spiacevole, è preferibile all’abbandonarsi ad una pericolosa pulsione oppure a reprimerla del tutto. Un esempio di ciò è la conversione isterica, che combina fra loro, all’interno di un sintomo fisico, sia un desiderio proibito che la sua punizione. Se valutiamo la cosa il sintomo finisce con l’essere l’unico compromesso possibile nelle circostanze date.
Dr.ssa Donatella Steck


Pulsione


Concetto chiave della teoria freudiana; utilizzato nei Tre saggi sulla teoria sessuale, troverà una prima sistemazione solo nel testo  Pulsioni e loro destini in Metapsicologia del 1915. Subirà dal 1920 in poi una serie di aggiustamenti. Abbiamo pertanto due teorie della pulsione. Qui ci occuperemo di vedere soltanto la prima teoria pulsionale perché connessa a al sogno. Perciò  si metteranno in luce le questioni che maggiormente ci interessano:

-         valore semantico del termine pulsione;
-         proprietà strutturali;
-         opposizione tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione;
-         destini delle pulsioni.

Pulsione e istinto; Valore semantico

Per motivi di chiarezza  è opportuno definire sul piano semantico il termine Pulsione.
Pulsione è la traduzione italiana del termine tedesco Trieb, che non va confuso con Instinkt    (istinto). Trieb deriva da treiben che vuol dire “spingere” e Istinkt trae la sua origine dal latino
instinguere che significa “pungolare”, “spingere” (Laplanche e Pontalis,1970). I due termini hanno finito per costituire nella lingua tedesca, e in particolare nella lingua di Freud, un’opposizione di tipo concettuale. Freud, infatti, usa anche il termine Instinkt ma per indicare altro. Vediamo.
Nel linguaggio freudiano, Insinkt, è un comportamento preformato, che si ripete in base a uno schema fissato ereditariamente e secondo modalità più o meno adattate a un determinato tipo di oggetto. Così la fame può essere appagata in un unico modo: mangiando.
Il concetto Trieb, al contario, presenta una maggiore indeterminazione e soprattutto manca di uno schema fisso. Per una migliore comprensione passiamo ad analizzare le proprietà strutturali della pulsione.

Proprietà strutturali della Pulsione

La teoria delle Pulsioni, come già detto, viene esposta in maniera sistematica in Pulsioni e loro destini costituendo il primo saggio della Metapsicologia (1915); è in stretta relazione con quella che sarà definita la prima ipotesi topica dell’apparato psichico. In questo saggio, Freud, pur parlando in termini generali della pulsione, in effetti si riferisce in modo specifico alle pulsioni sessuali. Dopo aver fatto una breve dissertazione epistemologica sul concetto di pulsione, sono esposte due definizioni piuttosto complesse. Cerchiamo di capirci qualcosa.

1.a) prima definizione.
La pulsione agisce come una forza costante all’interno dell’organismo. Gia da questa prima definizione si evidenziano due caratteristiche essenziali della pulsione: non può essere vinta mediante azioni di fuga. Non è assolutamente possibile sfuggire ad una forza costante esistente nell’organismo. Freud punterà sempre a sottolineare che noi possiamo sfuggire ad un pericolo o ad una richiesta esterna, ma non possiamo evitare le spinte interne. Sono sottolineanti in questo testo a) il fattore quantitativo e b) il carattere attivo di ogni pulsione.

1.b) seconda definizione.
Se prendiamo in considerazione il punto di vista biopsichico, ci rendiamo conto che la pulsione rappresenta un concetto che si pone al limite tra lo psichico e il somatico. In questo senso essa è una sorta di cerniera tra la vita psichica e quella somatica. Tale funzione di interfaccia diventa molto chiara e comprensibile quando si va ad esaminare le quattro caratteristiche fondamentali della pulsione:

q       spinta (Drang)
q       meta (Ziel)
q       oggetto (Objekt)
q       fonte  (Quelle)

° Spinta: “s’intende l’elemento motorio di questa, la somma di forze o la quantità” di  operazioni richieste che essa rappresenta, (Laplanche e Pontalis p.578). Il carattere dell’esercitare una spinta è una proprietà generale delle pulsioni; è addirittura la loro essenza. In questa definizione è messo in evidenza l’aspetto dinamico. La prospettiva dinamica (derivante dal greco dynamis = “forza”) è data dal fatto che la spinta è l’espressione dell’energia pulsionale, ossia dell’insieme di forze che la compongono. La pulsione, come dice Freud, non è una forza semplice ma una “somma di forze somatiche” che trovano in essa la loro unità e il loro “rappresentante psichico”.

° Meta: è data dal soddisfacimento e appagamento che consiste nella soppressione dello stato di stimolazione determinato dalla spinta. “E’ l’attività a cui spinge la pulsione e che porta a una risoluzione della tensione interna”(Laplanche  e  Pontalis pag. 312-315).

° Oggetto: “in quanto correlato della pulsione esso è ciò in cui e con cui essa cerca di raggiungere la sua meta” vale a dire la sua soddisfazione. Può riferirsi a una persona o a un oggetto parziale, un oggetto reale o un oggetto fantasmatico. Come si può ben vedere la pulsione non ha un oggetto predeterminato e quindi può spostarsi da un oggetto ad un altro. Freud, riferendosi all’oggetto afferma che esso è “l’elemento più variabile della pulsione, non è originariamente legato ad essa, ma le è assegnato solo in forza della sua proprietà di rendere possibile il suo appagamento.
L’oggetto può venir mutato infinitamente durante le vicissitudini che la pulsione subisce nel corso della sua esistenza.
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